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Immagine del redattoredr Agostino Angelo Mangia

Cara Maria (lettera dal Hospital de la Divina Providencia - San Lorenzo - Esmeraldas - Ecuador)

Aggiornamento: 12 set

Cara Maria,


È più di un mese che sono qui in Ecuador…e il tempo scorre così in fretta.

Sono partito convinto che questo viaggio sarebbe stato molto positivo, ora posso dire che è un’esperienza che come importanza e bellezza, sta andando oltre le mie aspettative, anche se talvolta un po’ difficile. Ho vissuto momenti e incontri che non potró dimenticare.


L’ospedale Divina Providencia, pur con i suoi notevoli problemi, è una realtá molto importante, perchè, come tu sai, serve un territorio vasto e molto carente dal punto di vista sanitario. Il vivere in mezzo alle quotidianitá di questa popolazione mi ha permesso di osservare molte problematiche che qui si vivono. Il territorio si snoda su lunghe distanze, talvolta molto difficili da coprire, con lunghi tragitti accidentati in canoa o su mezzi per noi inconcepibili lungo strade in mezzo alla foresta. Ho avuto modo di visitare alcuni di questi villaggi, trovandomi di fronte ad una precarietá dell’assistenza sanitaria che supera la nostra fantasia, nonostante la presenza di persone volonterose. Ho conosciuto questi volontari, vivono nei loro villaggi e, pur non esercitando una professione sanitaria, hanno un profondo legame con l’ospedale Divina Providencia.


Anche la realtá di San Lorenzo, come ben sai, è piuttosto difficile, è quella di un territorio posto ai margini dell’Ecuador, non solo geograficamente ma anche culturalmente; è un’area dove è difficile poter operare.


Sono rimasto colpito dalla notevole carenza di medicina specialistica: figurati che per circa 10 giorni, in assenza del Dott William Lalvay, sono stato l’unico ginecologo dell’area, per trovarne un altro la paziente avrebbe dovuto andare ad Esmeraldas (150 km!!).


Non ho il coraggio di pensare a questa zona senza l’ospedale di San Lorenzo. In questo periodo abbiamo avuto diversi casi in cui l’assenza di un’assistenza ostetrica immediata sarebbe risultata fatale per le pazienti e per i loro figli.


Pochi giorni dopo il mio arrivo venni chiamato con urgenza alla sera, appena rientrato dall’ospedale, per un caso di amputazione della cervice uterina, causata dal parto. Una paziente pluripara, dopo molte ore di periodo espulsivo (circa 8), era stata portata da uno dei villaggi in ospedale. Puoi immaginare cosa sarebbe successo se la nascita, anzichè in ambiente ospedaliero, fosse avvenuta in una delle baracche dei villaggi!!


I medici ed in generale tutti nell’ospedale, sono sempre molto accoglienti con noi. In particolare il personale medico si dimostra volonteroso sia con me che con Elisa nel voler imparare. Ad alcuni ho insegnato i criteri con cui si esegue un taglio cesareo, un’ecografia. Tutti si sono rivelati molto interessati, nonostante alcune carenze organizzative non dipendenti da loro abbiano in precedenza impedito di “sfruttare” al massimo la nostra presenza. D’altra parte questo non mi ha scoraggiato: mi sarei meravigliato se qui avessi trovato una mentalitá organizzativa ed imprenditoriale! Quindi tutto normale…


Credo che quindi non ci potesse essere idea più felice di gemellare questo ospedale. Sono convinto che il suo sviluppo sia fondamentale per ridurre la mortalitá e morbilitá materna e perinatale. Girando per i villaggi e parlando con alcune persone ho osservato come l’ospedale Divina Providencia rappresenti per loro una scialuppa di salvataggio, soprattutto per quelle situazioni mediche altrimenti irrisolvibili, neppure con un trasferimento della paziente nella lontana e carente Esmeraldas.


Credo che sará utile considerare anche quanto mi avevi accennato, cioè la creazione di una casa di maternitá (fondi permettendo), per rendere possibile il soggiorno di gravide a rischio e geograficamente troppo lontane dall’ospedale.


I lavori stanno, a mio parere, proseguendo bene, nonostante qualche imprevisto che tu sai….ma anche questo credo che sia normale. L’architetto Castillo mi ha fatto una buona impressione. Con l’ing. Santander non ho avuto modo di parlare abbastanza per potermi fare un’idea.


Tu e Irene state facendo un lavoro meritorio che va proseguito senza scoraggiarsi, sono convinto che dará molti frutti. E’ necesario avere molta, molta pazienza e perseverare. Tutti pensiamo che la costruzione dei muri abbia i suoi tempi, ma l’arricchimento culturale ne richiede molti di piú, e qui c’è molto da fare da questo punto di vista. Comunque, come ti ho giá detto, abbiamo trovato, anche nelle lezioni di aggiornamento che abbiamo tenuto, molto desiderio di apprendere; quindi la mia impressione è che, nonostante le difficoltá, ci sia il terreno favorevole per un buon percorso formativo.


San Lorenzo è una realtá che va fatta conoscere anche nel nostro ambito, è un progetto troppo importante per poter contare solo sulla buona volontá di pochi, anzi di poche….


Questa mattina, venendo in ospedale, l’uomo che guidava il taxi mi ha detto che per loro l’ospedale di San Lorenzo è molto importante, è vitale, e che sono molto contenti e fiduciosi del fatto che ci sia qualcuno che li aiuti nell’avere un’assistenza migliore.


Pertanto non bisogna scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, anzi sarebbe stato strano se qui avessimo trovato un’organizzazione di tipo “lombardo”, peraltro talvolta anch’essa un po’ carente. Bisogna non mollare ed avere fiducia. E poi, dove è scritto che le rose sono senza spine?


Vorrei dirti un’infinità di altre cose che penso e che porto nel cuore, ma mi sto accorgendo di dilungarmi troppo: a poco a poco mi verranno fuori quando saró rientrato.


Per qualunque dubbio conta pure su di me. Sono grato a te e a Irene per il lavoro che state facendo, sono sicuro che le vostre fatiche verranno compensate e molte cose cambieranno nella sanità di questo territorio.


Ti abbraccio, a presto.

Agostino Mangia

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